Alberi come muri di morte sulle strade
Ennesimo incidente con albero coinvolto: un morto ed un ferito gravissimo. Nel ribadire che gli incidenti stradali sono quasi sempre imputabili ad errori umani, dobbiamo anche rilevare che ad una velocità non certo elevata (non superiore al limite urbano dei cinquanta chilometri orari) una fila ininterrotta di alberi posti a brevissima distanza l'uno dall'altro costituisce un muro invalicabile.
Chi viaggia in un simile contesto viaggia sostanzialmente imprigionato in un corridoio, dove ci si supera, si incrociano veicoli che provengono dall'altra parte e, soprattutto, dove non ci sono vie di fuga, dove tutti gli aspetti connessi alla sicurezza della circolazione sono accentuati ed esasperati al massimo un luogo rischiosissimo, mortale, dove, più che il diritto alla salute, è pesantemente in discussione addirittura il diritto alla vita. Che si tratti di un problema che riguarda innanzitutto la salute e la vita delle persone lo si può dedurre anche dalla attenta lettura delle norme del codice della strada attualmente in vigore. L'art. 16, comma 1, lettera c), del codice della strada, infatti, stabilisce che è vietato ai proprietari di fondi confinanti con le strade di "impiantare alberi lateralmente alle strade, siepi vive o piantagioni ovvero recinzioni".
Il successivo secondo comma di questo articolo, nel rimandare al regolamento di esecuzione del codice la specifica regolamentazione di questo divieto, fa comunque salvo il riferimento agli articoli 892 e 893 del codice civile, cioè a norme poste a tutela del diritto di proprietà. Sembrerebbe allora che questa norma (che riguarda, ripetiamo, solo i privati confinanti) si riferisca alla tutela della proprietà (in particolare, la proprietà pubblica del suolo ove corrono le strade). Ma così non è. La regolamentazione specifica delle distanze degli alberi e delle piante dalle strade, fuori dai centri abitati, esiste e la si trova nell'art. 26 del regolamento di esecuzione del codice della strada, che stabilisce, per le strade extraurbane (dove maggiore ed impregiudicata è la velocità, e quindi più elevato il rischio), che gli alberi si possano piantare lateralmente alla strada ad una distanza non inferiore alla massima altezza raggiungibile per ciascun tipo di essenza a completamento del ciclo vegetativo e comunque ad una distanza non inferiore ai sei metri (comma 6), e che, per impiantare siepi vive e piantagioni di altezza superiore ad un metro sul terreno, queste vengano poste ad una distanza non inferiore a tre metri. Queste norme, che prevedono distanze graduate in relazione all'altezza e all'imponenza degli alberi e delle piante, si spiegano solo con la tutela della sicurezza: più voluminoso e massiccio è il possibile oggetto d'impatto, più questo deve essere lontano affinché tale impatto possa essere attutito al massimo.
Dunque, dato che vi è una norma scritta nel codice della strada che contempla la presenza di alberi a fianco delle strade, volta alla tutela della sicurezza, non si vede, per un giusto principio di eguaglianza e di ragionevolezza, perché questa tensione alla sicurezza non debba abbracciare anche l'ipotesi in cui gli alberi e le piante siano stati piantati da enti pubblici a puro scopo decorativo. Forse le questioni di messa in sicurezza dagli alberi si possono sollevare solo negli autodromi (vedi Monza qualche anno fa), in contesti dove gli interessi si misurano a decine di milioni di euro? Per quale motivo quella che potrebbe essere una banale fuoriuscita deve necessariamente tramutarsi in tragedia? La salute deve essere tutelata come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività (art. 32 Costituzione), e quando si versa in tema di circolazione stradale questi due fattori sono strettamente correlati.
Fonte: Il Nuovo Giornale di Modena