La Provincia di Como - 16 aprile 2012 - Vandalismo a San Siro. Scorticati due alberi.
Una delle notti scorse qualche vandalo ha letteralmente scorticato il tronco di entrambe le piante, con il preciso effetto di pregiudicarne le sorti. Per tutta la stagione turistica l'area in questione, attrezzata dal Comune, è la più utilizzata dai bagnanti e da ragazzi che organizzano interminabili partite di beach volley: i due grossi alberi presenti assicurano l'indispensabile ombra, ma nel giro di pochi mesi, dopo quanto avvenuto, sembrano inesorabilmente destinati a morire.
l'Eco di Bergamo - 25 agosto 2009 - Ippocastani gialli e malati. Colpa del caldo e dei parassiti
«In realtà è un fenomeno – dice Massimo Bandera, assessore comunale all’Ecologia, Ambiente e Opere del verde – che si riscontra ogni anno in questo periodo, per cui non desta particolari preoccupazioni. Va però sottolineato che in tempi più recenti questa metamorfosi si è un po’ accentuata, di pari passo con l’aumentata cementificazione della città e con l’azione inquinante dell’ozono troposferico. Come se non bastasse, gli ippocastani sono anche soggetti all’infestazione di un parassita». Il loro nemico giurato si chiama Cameraria ohridella. Si tratta di un lepidottero minatore fogliare della famiglia Gracillariidae, proveniente dalla repubblica di Macedonia, dove è stato segnalato per la prima volta nel 1985. Infesta esclusivamente l’ippocastano, in particolare quello con i fiori bianchi.
«A tale proposito – dice Bandera – il Comune organizza annualmente delle disinfestazioni. Consistono nello spruzzare dei particolari prodotti che vengono assorbiti dagli alberi e quindi anche dalle larve che di conseguenza muoiono. Un trattamento di questo genere è avvenuto lungo i viali nello scorso luglio. Inoltre viene predisposta una raccolta separata delle foglie, da parte della società incaricata Aprica, e una volta portate all’inceneritore seguono uno smaltimento diverso, per evitare che ci sia poi una diffusione di questo parassita».
«Le azioni per contrastare il fenomeno – aggiunge l’assessore Bandera – possono essere di due tipi. Innanzitutto speriamo che madre natura faccia la sua parte innescando una lotta biologica. E’ già accaduto che alcuni parassiti siano stati debellati da insetti antagonisti come nel caso delle coccinelle contro gli afidi. In secondo luogo stiamo valutando di sostituire gli ippocastani con altri simili che dovrebbero essere al riparo da questi parassiti poiché producono una fluorescenza rosa anziché bianca. Comunque tutto dovrebbe tornare alla normalità a settembre con l’abbassamento della temperatura».
La corsa a piantare sette miliardi di alberi - Corriere della sera -22 luglio 2009
Colombo Claudio
La Provincia di Como - 14 giugno 2009 - La rabbia del popolo del cedro domani farà breccia in consiglio
Intanto, sebbene il cedro non ci sia più, su «Facebook» continuano ad aumentare gli iscritti al gruppo «Salviamo il cedro di Piazza Verdi». Sono arrivati a 725 e sul sito compaiono 75 messaggi, quasi tutti all’insegna dell’amarezza e della delusione. Non mancano le autocritiche («dovevamo essere più incisivi e agire prima», scrive Mariarosa) ma c’è anche chi si lascia andare a pesanti insulti nei confronti degli amministratori locali. Patrizia Signorotto, invece, è l’autrice di una delle tante lettere giunte in redazione: «L’arroganza dimostrata nel non voler sentire le proteste, nel non voler discutere e nel risolvere il problema di notte - scrive - fa paura. La questione era stata posta in modo civile, con duemila firme e un presidio pacifico in consiglio comunale. Mi sono trasferita a Como da un anno e mezzo e sono preoccupata dal primo approccio avuto con l’amministrazione della città». Sul sito de «La Provincia» (www.laprovinciadicomo.it), Antonella scrive: «È frustrante vedere che chi ci rappresenta, per poter vincere a tutti i costi, evita il confronto democratico».
La Provincia di Como - 11 giugno 2009 - Cantiere in piazza Verdi - Giorni contati per il cedro
La Provincia di Como - 6 giugno 2009 - Il cedro abbattuto entro agosto
L'Eco di Bergamo - 1 giugno 2009 - Crolla albero a Bonate Sopra
Tragedia sfiorata al parco Moro
Nelle vicinanze anche un nonno con il suo nipotino che ha dato subito l'allarme e che ha allontanato la bimba che giocava poco distante dall'ippocastano. La ragazzina ha abbandonato la sua bici sotto l'albero e si è spostata imemdiatamente. Poi il crollo, con pezzi di albero finiti su alcune panchine, sulla bicicletta e su alcuni giochi.
Sul posto è immediatamente intervenuta la polizia locale che ha chiuso il parco per tutta la giornata mentre la protezione civile ha rimosso la parte dell'albero caduta mettendo in sicurezza la zona. Previsti controlli anche sugli altri alberi del parco.
La Provincia di Como - 19 maggio 2009 - Pianta secolare piomba su una auto
Corriere della Sera – 23 febbraio 2009
Ospedale Sacco, blitz da 350 mila euro per salvare dai cantieri gli alberi secolari Le piante saranno trasferite accanto ai nuovi laboratori. Via alla Cittadella della salute da 1.405 posti letto
MILANO - Per spiegare la loro operazione salva-alberi da 350 mila euro all'ospedale Sacco dicono di avere applicato alle piante il motto che il filosofo tedesco Immanuel Kant aveva usato per gli animali: «Puoi conoscere il cuore di un uomo già dal modo in cui egli tratta le bestie». Così, per i cantieri che di fatto segnano l'avvio della cittadella della salute da 1.405 posti letto, in Vialba non hanno voluto sacrificare i faggi, i tigli e le querce cresciute dal 1927 a oggi dove entro il febbraio 2010 sorgeranno 7.500 metri quadrati di laboratori scientifici: per spostarli è al lavoro una task force di esperti in arrivo dalla Germania e dall'Olanda guidati dall'agronomo Laura Gatti, past president della Società italiana di arboricoltura, la più grande associazione professionale di quanti si dedicano alla conservazione degli alberi. Gru da 500 tonnellate, venticinque uomini impegnati, scavi fino a un metro e mezzo di profondità. Per trasportare le dodici piante centenarie, vicino al padiglione dei malati infettivi, al Sacco è stato organizzato un intervento degno delle migliori metropoli europee. Con un investimento da 30 mila euro ad albero. «L'operazione è complessa — spiega Gatti —. Vengono trasferiti alberi da 25 metri con una circonferenza di 250 centimetri. Sono la memoria storica del sanatorio inaugurato all'inizio degli anni Trenta». Ultimato il trasloco a ridosso del nuovo edificio da 14 milioni di euro, prenderanno il via gli scavi per i quattro piani dedicati alla ricerca neurologica che sanciscono la collaborazione tra il Sacco e il Besta. A pianterreno, una sala convegni da 120 posti, il core laboratory capace di produrre 5 milioni di esami di laboratorio l'anno e le stanze super protette per le procedure ad alto rischio classificate di «livello di sicurezza 3 (Bsl3)» dalle norme americane. Ai piani superiori, le aule per la ricerca.
Nel seminterrato una crio-banca per la conservazione di cellule staminali. Non finisce qui. «Il cantiere entrerà nel pieno dell'operatività ai primi di marzo e dopo undici mesi l'impresa ci consegnerà l'opera finita — spiega Callisto Bravi, direttore sanitario dell'ospedale —. È un primo passo verso la realizzazione del polo scientifico pubblico che riunirà nella stessa area Sacco, Besta e Istituto dei Tumori». I 482 letti di via Venezian raggiungeranno quota 505, quelli del neurologico passeranno da 223 a 250, l'ospedale già in Vialba ne avrà 46 in più (650 contro i 604 attuali). Lo scorso novembre il governatore Roberto Formigoni ha assicurato che la cittadella della salute si farà nonostante le difficoltà economiche subentrate: con la Finanziaria 2008 del ministro Giulio Tremonti sono saltati i 400 milioni di euro che dovevano arrivare da Roma.
Simona Ravizza
23 febbraio 2009
Corriere della Sera – 31 dicembre 2008
Il presidente della provincia risponde al maestro Abbado.
Penati: noi ci siamo con il Metrobosco «Le aree ci sono, realizziamo un bosco o arricchiamo i parchi esistenti». Lissner è d'accordo
MILANO - Novantamila alberi per tornare a Milano? «Siamo pronti. La proposta del maestro Abbado è un'occasione da non perdere per la città e per il suo teatro». Il presidente della Provincia, Filippo Penati, scende in campo. Non lo sfiora neppure l'idea che quella del maestro sia stata una provocazione. «Abbado ha voluto dirci che la cultura non è solo quella che si fa nei teatri, ma è anche un progetto di vita complessivo per la città. E la sua disponibilità è l'espressione di un attaccamento straordinario alla cultura milanese, alla Scala, alla città in se stessa. Come milanesi ne siamo grati e onorati». Perché Claudio Abbado rappresenta «un vero e proprio patrimonio dell'umanità».
Sceglie con cura le parole il presidente Penati. In mattinata ha parlato a lungo con il Sovrintendente del teatro, Stéphane Lissner che «dal 2005, da quanto è diventato Sovrintendente, non ha mai smesso di tentare di convincere il maestro a tornare. Sarebbe un grande evento per la città e per la Provincia l'occasione di velocizzare il progetto Metrobosco». Questa nuova soglia ombrosa— confine vegetale o limite naturale all'espansione urbana, che formerà un'ampia cintura verde attorno alle tangenziali del capoluogo milanese —, quando sarà completata, di alberi ne porterà 3 milioni: uno per ognuno dei 3 milioni di residenti di Milano e provincia. Se in città piantare un albero è cosa complicata, perché il sottosuolo è un groviera, tra tunnel del metrò e impianti tecnologici, reti e infrastrutture, la Provincia è ricca di terreni un tempo agricoli e oggi abbandonati.
«Le aree ci sono, realizziamo un bosco Abbado. O arricchiamo i parchi esistenti. Va tentata una mediazione tra il maestro e Milano. I costi? Venticinque euro per ogni nuova pianta, compresa la manutenzione per 10 anni. Un milione di euro sono già stanziati a bilancio, ma ci sono aziende e sponsor pronti ad unirsi a noi». Tra chi è pronto a raccogliere la scommessa, ci sono i soci milanesi del Club Abbadiani Itineranti: «Vogliamo contribuire attivamente al progetto, nella speranza che, terminata la messa a dimora dei primi 90.000 alberi, potremo tutti festeggiare il ritorno di Claudio Abbado sul podio della Scala», scrive Attilia Giuliani. Nè occorre, infine, che siano i milanesi a pagare di tasca propria per un albero: «Metrobosco prevede che gli alberi siano piantati con diverse forme di finanziamento — spiega l'architetto e ideatore del progetto, Stefano Boeri —. Una deriva dagli oneri di urbanizzazione delle grandi infrastrutture, una parte deriva dalla compensazione ambientale, ma ci sono anche forme di incentivo della Ue per gli agricoltori».
Paola D'Amico
31 dicembre 2008
Corriere della Sera – 30 dicembre 2008
Abbado: 90mila alberi e torno alla Scala «Ritornerei solo per un cachet in natura»
Un ragazzo col ciuffo, scuro e spettinato. Un capellone, si sarebbe detto in quegli anni, quando la zazzera incolta era il segno distintivo del modo di vivere e di pensare di chi voleva cambiare il mondo. E proprio mentre il mondo era tutto beat, in quel ‘68 fatidico, un trentenne milanese che amava i Beatles e Mahler, veniva incoronato direttore musicale dell’Orchestra della Scala. Aveva solo 35 anni Claudio Abbado. Un’età oggi impensabile per un simile incarico. Il podio più prestigioso del mondo era suo. Una nomina lampo, promossa dagli stessi professori d’Orchestra, che seguiva di poco il suo esordio al Piermarini, nel 1960. Le foto d’epoca ce lo rimandano con la bacchetta stretta tra le dita nervose, la lunga frangia ondeggiante sugli occhi, «dolce vita» nero alle prove, smoking di rigore alla sera. Il gesto elegante e preciso fin da allora. Uguale lo sguardo, riservato e ironico. Un giovane direttore, già con le stimmate carismatiche del grande interprete. Una stagione miracolosa la sua, lunga 18 anni, dal ’68 all’86. I tempi di «Claudio Abbado alla Scala», come dice il titolo del suggestivo volume (Edizioni del Teatro alla Scala, Rizzoli, pp.329, 60 euro) dove le curatrici, Angela Ida De Benedictis e Vincenzina C. Ottomano, ripercorrono con immagini e documenti, ricordi e testimonianze di artisti e amici (tra cui Roberto Benigni, complice di due Pierino e il lupo) quell’età dell’oro musicale rimasta incancellabile per chi ha avuto la fortuna di viverla.
E a lei Abbado, cos’è rimasto di quel periodo?
«La memoria di 18 anni intensi e curiosi - risponde il direttore, oggi 75enne -. Un periodo molto creativo per la Scala, ma anche per Milano, a quei tempi vera fucina di idee e di intelletti».
Il suo arrivo alla Scala coincise con il ’68. E anche lei mise in atto una sua rivoluzione: accostare passato e presente, classici e contemporanei, proporre musicisti inediti, dar spazio alla sinfonica...
«Bruckner per esempio, non era mai stato eseguito, nè alla Scala nè in Italia. E anche Mahler. E Maderna, Donatoni, Boulez, Sciarrino... Le grandi prime di Luigi Nono e di Stockhausen. Il Festival Berg, il Festival Musorgskij. L’esperienza di "Musica del nostro tempo" con Pollini e Manzoni...»
Nomi difficili ieri, e oggi forse anche di più. Come reagiva allora il pubblico, certo poco uso a quelle nuove sonorità sperimentali?
«In effetti non era sempre facile nè indolore. Anche parte della critica aveva da ridire. Fischi e contestazioni ce ne sono stati. Ma gli applausi via via crescevano. Via via il pubblico cambiava, più giovane, più "normale". La nascita della Filarmonica, l’esperienza di portare la musica nelle fabbriche, all’Ansaldo, alla Breda, alla Necchi, ha aperto a nuovi ascolti, ha smosso desideri di conoscere». Del resto, quando Luigi Nono varcò la soglia del Piermarini con la prima di Como una ola de fuerza y luz, il primo a esser stupito fu lui stesso. In una lettera indirizzata ad Abbado scriveva nel suo idioma italo-veneziano: «Ti gavevi rasone: se pol smover tuto, perfin la Scala. OSTIA!! E la smoveremo insieme». Difatti. Il concetto di musica, di farla e di ascoltarla, stava cambiando a rotta di collo. Musica non più come evasione ma come impegno. Sociale, politico. Pollini che prima del concerto in Conservatorio legge una dichiarazione contro i bombardamenti Usa in Vietnam tra i fischi del pubblico. Abbado che cancella due repliche del Barbiere di Siviglia in segno di lutto per l’attentato di piazza Fontana.
E’ vero che alcuni critici vi chiamavano i NAP, acronimo di Nono Abbado Pollini, ma anche dei Nuclei Armati Proletari?
«Sciocchezze. E’ vero che tra noi c’è sempre stata una grande amicizia e una grande consonanza etica ed artistica. Per noi tutti, ad esempio, la cultura era un momento di scoperta collettiva. Per comodità alcuni mi avevano bollato come "comunista", ma io non sono mai stato in nessun partito. Naturalmente ho le mie opinioni, sostengo le cause che mi sembrano giuste».
Quei suoi anni alla Scala sono stati caratterizzati anche dalla presenza di grandi nomi della regia, da Strehler a Ronconi, da Ponnelle a Zeffirelli, da Ljubimov a Vitez...
«Vero, anche se alcuni di loro allora non erano così noti. Dodin ai tempi era quasi sconosciuto e anche Strehler era molto più famoso per la prosa che per la lirica».
Lunga la lista anche dei direttori ospiti in quel periodo, da Barenboim a Kleiber, da Bernstein a Karajan, da Maazel a Mehta, da Sawallisch a Solti...
«E Riccardo Muti. L’ho invitato io a dirigere il suo primo concerto alla Scala, nel ’70. Gli proposi anche di lavorare insieme. Certo, avevamo gusti diversi, ma avremmo potuto. Una direzione condivisa, perché no? Lui però preferì restare a Firenze, alla guida del Maggio Musicale ».
Alla Scala arriverà dopo. Nell’86, quando lei lasciò la direzione del Teatro. Allora si parlò di suoi dissapori con l’Orchestra. La stessa che costrinse poi Muti ad andarsene. E che di recente ha messo in forse la prima del «Don Carlo». Un’Orchestra difficile?
«Non per quel che mi riguarda. Sono sempre andato molto d’accordo con l’Orchestra e con le maestranze scaligere. Le turbolenze esistono in tutte le formazioni del mondo. Però, quegli scioperi così sistematici sono un vizietto tutto italiano. Ci sono altri modi per ottenere le cose ».
Come vede la Scala di oggi?
«L’attuale sovrintendente Stéphane Lissner è molto bravo, sta facendo un buon lavoro. Immagino gli costi gran fatica vista la città. Milano di oggi non è certo un luogo dove si sostiene la cultura. E neanche il resto, date le condizioni di degrado ambientale in cui versa. Peccato, meriterebbe ben di più».
E’ per questo che lei non vuol tornare?
«Certo a Berlino l’aria è migliore...».
E’ la sua ultima parola? Cosa dovrebbero offrirle per farle cambiare idea?
«Un cachet fuori dall’ordinario. Novantamila alberi piantati a Milano. Un pagamento in natura. Se accadrà, sono pronto a tornare. A Milano, alla Scala».
Giuseppina Manin
30 dicembre 2008
Corriere della Sera – 30 dicembre 2008
Stampelle a vita per la quercia monumentale di piazza XXIV Maggio Puntelli e fasce elastiche dovranno sostenere i rami dell'albero ultracentenario, che rischia il crollo
MILANO - Per salvarla, anziana e malata com'è, le hanno dovuto mettere le grucce. Cinque stampelle e due fasce elastiche tirate tra i rami. Gli ortopedici delle piante hanno deciso che la quercia di piazza XXIV Maggio dovrà tirare avanti con le protesi, vivrà una quarta età da inferma. Del resto (e per fortuna) non c'è alternativa: senza puntelli, crollerebbe. La quercus rubra americana è nata nel 1895 ed è stata piantata lì dov'è il 24 maggio del 1924: è un monumento ai caduti della Grande guerra e dunque va tutelato, preservato, accompagnato. Insomma: non può essere abbattuto.
«Ma venga almeno pulito il giardino e gli si restituisca un po' di decoro», protestano negozianti e residenti del Ticinese. Antonio Strada, per dire, ha una finestra con vista proprio sulla porta del Cagnola e «sono fortunato a godere di questo paesaggio». Lo è. «Purtroppo, però, l'aiuola è deturpata da mesi da un orribile cantiere». Vero. La madre di tutte le querce ha 113 anni, si sente in pericolo e qualcuno lancia un Sos per lei. E però, è stata anche sfortunata: prima un fulmine le ha mozzato la punta, poi si sono accaniti traffico e smog. Ha cominciato a cedere nel maggio 2004 e nel settembre 2007 i botanici l'hanno presa per i rami e raddrizzata d'urgenza: «Frattura multipla scomposta, va ingessata».
Così è andata, ma che pena oggi che fa. Tira a campare in un cimitero di foglie secche, nonna quercia. Le hanno scavato la terra per aprire la rete del gas, un operaio s'è dimenticato due tubi Innocenti e il Comune lascia lì a traballare otto-transenne-otto tenute insieme da un nastro bianco e rosso, davanti a un muretto di graffiti e alla targa di bronzo arrugginita in cui la società alpini milanesi onora i «caduti per la patria nel rione Ticinese-Lodovica». Che corteccia spessa, però. L'albero ha attraversato tre secoli, superato fascismo, boom e terrorismo, sostenuto i bambini impiccati di Cattelan e pure la scala del muratore che li staccò, nel 2004. Ora è lei a star su con le grucce, mentre una palestra le pubblicizza in faccia corsi & salute a 180 euro e corso San Gottardo le ha appeso di fronte una scritta al neon di auguri. E lunga vita.
Armando Stella
30 dicembre 2008
Mauro Corona - Il giorno dei boschi che cantano
Tratto da La stampa - www.lastampa.it
C'ERA UNA VOLTA UN GIOVANE CHE SI AGGIRAVA TRA LE SELVE DEL CANSIGLIO E DEL CADORE: IL SUO NOME ERA ANTONIO STRADIVARI
mauro_corona.pdf |
Il Messaggero - 29 novembre 2008
Allagamenti a Roma, Ventotene isolata. Un albero cade in via Aurelia
ROMA (29 novembre) - Un albero caduto a via Aurelia questa mattina, 150 interventi dei vigili del fuoco da ieri sera, Ventotene ancora senza traghetti dopo la mareggiata di questa notte che ha affondato 20 imbarcazioni. Il sindaco ha dichiarato lo stao di calamità Nella capitale continuano gli interventi di potatura del servizio Giardini del comune di Roma in Via Marco naturale. Il maltempo non dà tregua al Lazio. Decumio, via limitrofa a Lucio Mario Perpetuo, dove il 4 novembre è morto il giovane Nicolò Blois. Ieri mareggiata a Ostia, tre feriti.
A Fiumicino interventi di assistenza alle 70 famiglie residenti in località Passo Sentinella che hanno passato la notte in strutture messe a disposizione dal comune.
Albero sull'Aurelia. Un albero è caduto questa mattina intorno alle 11 in via Aurelia 140 andando ad appoggiarsi alla parete di un palazzo, che però non ha subito danni alla struttura. La strada, per precauzione, è stata chiusa in entrambi i sensi di marcia.
Interventi dei vigili del fuoco. Dalle 20 di ieri sono stati 150 gli interventi effettuati complessivamente dai vigili del fuoco. Ottanta quelli dalle 20 di ieri a questa mattina: 70 quelli portati a termine dalle 8 di questa mattina. Altri 50 interventi devono ancora essere effettuati. Si tratta soprattutto di alberi caduti sulla sede stradale o rami pericolanti. A Ostia i pompieri sono intervenuti con l'autopompa per scantinati e negozi allagati.
Collegamenti marittimi con Ventotene ancora bloccati dopo la mareggiat di questa notte che ha affondato 20 imbarcazioni. Anche un veicolo per la raccolta dei rifiuti, a causa del forte vento, è finito nello specchio d'acqua antistante il porto. Soltanto questa mattina la nave Quirino è riuscita da Formia a raggiungere Ponza. Il sindaco di Ventotene Giuseppe Assenso ha chiesto ufficialmente la proclamazione dello stato di calamità naturale. Il porto, chiuso da ieri, è stato raggiunto questa mattina dagli uomini della Guardia costiera di Ponza, a bordo della motovedetta 857, dalla Guardia di Finanza e dai vigili del fuoco partiti con un elicottero da Roma. Sul posto anche un elicottero della Protezione Civile.
«Continuano gli interventi di potatura del Servizio Giardini del Comune di Roma in Via Marco Decumio, via limitrofa a Lucio Mario Perpetuo, dove il 4 novembre scorso è morto il giovane Nicolò Blois. Entro domani mattina, sottolinea il Servizio Giardini, la strada sarà messa in sicurezza. Gli interventi per la potatura dei platani sono stati condotti con 4 piattaforme; due da 34 metri e due da 18 metri. Due platani saranno abbattuti entro domani e altri 40 messi in sicurezza, con un taglio che li riporterà a 10 metri di altezza rispetto ai 20 attuali. Una altezza raggiunta in anni di mancata programmazione delle potature. L'opera di bonifica nelle strade limitrofe proseguirà il primo dicembre. In Via Egerio Levio entro domani verranno abbattute 9 robinie che sono state compromesse dalle cattive condizioni atmosferiche. «Questa situazione - spiega il Comune - deriva da oltre 10 anni di mancata programmazione della potatura degli alberi, alla quale si aggiunge una cattiva gestione dei lavori stradali: due fattori che, insieme, hanno provocato l'indebolimento delle radici, generando situazioni di rischio e instabilità».
Corriere della Sera - 28 novembre 2008
La Sicilia e la peste delle palme: novemila piante distrutte Un insetto dall' Egitto sta decimando uno dei simboli della regione. Corsa ai tagli per fermare il contagio
PALERMO - La guerra è perduta. La peste avanza. Il punteruolo rosso divora le palme in Sicilia. E questo pernicioso insetto approdato dall' Egitto nel 2005 rischia di cancellare un simbolo dell' isola perché le corone a stella s' afflosciano anche sulle piante alte venti metri, svuotate fino a farle traballare, trasformandole in pericolo pubblico. E ogni volta arriva la squadra con gru e motosega per tagliare e triturare queste fiere meraviglie piegate da una maledizione senza precedenti. Col paesaggio che muta. Le piazze e i monumenti che si spogliano. Fine pietosa analizzata ieri sera con un drammatico bilancio della task force istituita dalla Regione, nella sala regia di Catania, la sede dell' Azienda foreste demaniali, dove il dottor Agatino Sidoti, come un generale sconfitto, conteggiava le perdite: «In tre anni sono state colpite 8.938 palme. Di queste ne abbiamo abbattute e distrutte 7.123. Non bisogna perdere tempo per le altre. Restando in piedi, il punteruolo zompa sulle quelle ancora sane... ». Un modo per dire che sono a rischio le centomila, forse 150 mila palme esistenti nell' isola. Un dato certo non esiste. Un censimento non era mai stato fatto. E adesso si sommano solo le segnalazioni delle piante malate. «Sono 3.500 a Palermo dove le squadre dell' Azienda foreste ne hanno distrutto 2.000. E sono 2.240 a Catania dove ne hanno abbattuto 1.640», elenca Sidoti controllando i dati di una relazione che prepara per il vertice di giovedì prossimo a Palermo dove l' assessore regionale all' Agricoltura Giovanni La Via sentirà echeggiare gli appelli dei botanici e dei professori di Agraria. Come fa Giuseppe Barbera, ordinario di Scienze arboree: «Bisogna recidere il male, tagliare, abbattere. E' un' emergenza da Protezione civile». Mentre si dannano nei laboratori per cercare l' antidoto al punteruolo, sono proprio docenti e tecnici universitari a invocare l' intervento di Bertolaso perché si acceleri la fase dolorosa delle amputazioni. Il conto è presto fatto. «Bisogna abbattere immediatamente altre 1.800 palme prima dell' inverno per evitare l' esplosione del contagio in primavera», come sa bene Sidoti da generale impotente. E spiega: «In ogni provincia abbiamo quattro, cinque squadre. Ognuna composta da quattro operai. Per abbattere una palma passano anche due, tre ore. Siamo a una media di tre, quattro al giorno... ». Sono proprio questi calcoli a indispettire il professore Barbera: «Ritmi ridicoli. In una regione con 27 mila forestali non si può impegnare l' uno per mille degli addetti. E' semplice specializzare gli operai. Si tratta di tagliare con la motosega, raccogliere i resti e portarli negli impianti per la triturazione... ». Gli da man forte Riccardo Agnello del Fai, sgomento sul lungomare di Palermo, davanti a decine di palme rose dal punteruolo e rinsecchite, ma troppo vicine ad altre trecento forse ancora non contagiate: «Bisogna creare una cintura di sicurezza. E' un patrimonio inestimabile per il paesaggio e per l' economia visto che ogni pianta vale 5 mila euro». Prova a dare la spinta l' assessore La Via sottolineando comunque come «la Regione con capitali, mezzi e uomini propri stia fronteggiando un nemico difficilissimo da lottare... ». Un riferimento esplicito anche alle ricerche affidate alle facoltà di Agraria di Palermo e Catania, il cosiddetto «progetto fito palmintro», 500 mila euro stanziati. Coinvolto pure Barbera, soddisfatto dai primi risultati: «Ma i nostri tempi non sono quelli dell' emergenza. Il punteruolo qui si moltiplica più velocemente di quanto non accada in altri Paesi come Egitto o Israele. E mentre noi lavoriamo in laboratorio non c' è alternativa all' abbattimento delle palme colpite». Messaggio recepito da Sidoti che si lamenta delle cattive previsioni: «Fino all' anno scorso ci dicevano che avremmo dovuto abbattere 600 piante, che a luglio sarebbero state mille al massimo». Niente rispetto alla catastrofe che rischia di moltiplicarsi.
Cavallaro Felice
Corriere della Sera - 13 novembre 2008
Roma, Tagliate due piante dopo la scoperta di una scalinata di età imperiale. Pini o marmi? Lite su piazza Venezia. Ambientalisti contro archeologi. Bloccato il cantiere.
ROMA - Da una parte gli alberi, dall’altra i marmi. È più importante un pino centenario (vivo) o una scalinata di età imperiale (sepolta)? Su cinque pini, due palme, due cipressi e un leccio che più di cento anni abitano l’aiuola di piazza Venezia di fronte alla chiesa della Madonna di Loreto, destinati ad essere sacrificati agli scavi, si è accesa ieri la disfida archeologi-ambientalisti. Il primo round a questi ultimi: dopo che due pini sono caduti sotto i colpi della sega elettrica, e dopo che hanno manifestato con cartelli, cani e fronde davanti al cantiere, il taglio è stato sospeso.
«Dal mio punto di vista, da studioso - attacca il sovrintendente archeologico di Roma, Angelo Bottini - l’importanza della scoperta può bilanciare la perdita di alcuni alberi. Non c’è nessun modo per esplorare l’area senza toccare le piante, e così abbiamo fatto una richiesta specifica che è stata autorizzata». «Questi alberi sono un'isola paesaggistica di bellezza esplosiva - replica Nathalie Naim, consigliere dei Verdi del centro storico -. Fanno parte della nostra memoria come i monumenti. Costituiscono uno degli scorci più prestigiosi di Roma». E i marmi? «Stanno benissimo nel sottosuolo - risponde Nathalie Naim -. Anzi si conservano meglio che all’aperto, con tutto l’inquinamento che c’è». Nessuno ne conosceva l’esistenza. Non era neppure riportata nella «Forma Urbis», la pianta monumentale marmorea di Roma imperiale fatta all’epoca di Settimio Severo. Ma durante le indagini archeologiche per realizzare la linea C della metropolitana e per trovare una possibile uscita in piazza Venezia, nell’aprile scorso gli archeologi si sono imbattuti in una grande scalea in marmo, i cui gradoni imponenti sembrano proseguire verso il centro della piazza. «Sono i resti - specifica Bottini - di un edificio di dimensioni monumentali con rivestimenti e parapetti in marmo di età adrianea. E fanno pensare ad un edificio in stretta connessione con il Foro di Traiano».
E gli alberi? «Si potranno comunque piantare nuove essenze - conclude il sovrintendente - riteniamo che la scoperta di un edificio pubblico sconosciuto bilanci le perdite». «E se la scalinata fosse destinata poi a rimanere interrata? Che vantaggio avrebbe la città dall’abbattimento degli alberi - si chiede Francesca Santolini, assessore all’Ambiente del I municipio -? In moltissimi casi gli archeologi consigliano di lasciare i monumenti antichi sottoterra, perché questo è il modo migliore di preservarli per le generazioni future». «Verifichiamo fino in fondo soluzioni alternative - dice il presidente di Legambiente del Lazio, Lorenzo Parlati -. Vediamo se si può allestire in modo diverso il cantiere». Ementre gli ambientalisti minacciano di incatenarsi, arriva Carlo Ripa di Meana, il presidente romano di Italia Nostra: che tenta di mediare. Invoca i nuovi metodi «virtuali» per l’esplorazione archeologica, afferma che non si può «deforestare irragionevolmente quello che c’è da secoli nel quadrato storico della città» e chiede la presenza dell’amministrazione capitolina «latitante, sul luogo dello scempio». Arriva infine l’assessore Fabio De Lillo: blocca il taglio degli alberi e, come da tradizione, «apre un tavolo» attorno al quale mettere a confronto ambientalisti, archeologi e responsabili del cantiere. Il secondo round è già fissato per oggi: a mezzogiorno.
Lilli Garrone
Corriere della Sera - 10 novembre 2008
Piante vecchie e instabili, via al piano sicurezza. Saranno abbattuti 4mila alberi malati. Il Comune: saranno sostituite. I Verdi: tutelare l'aspetto dei viali
Le ruspe sono appena passate su tre platani di viale Romagna, hanno azzerato due ippocastani in corso Indipendenza e livellato gli aceri e gli olmi da via Giotto a via Buonarroti. Motivo: erano «pericolosi». Gli agronomi di Palazzo Marino avevano segnalato anche corso Plebisciti ma non c'è stato il tempo d'intervenire: l'ultima raffica di vento e pioggia ha sradicato gli alberi, malati e fragili, e li ha schiantati sulle auto. Oggi, da via Solari, parte la nuova e massiccia operazione di «abbattimento e potatura» delle piante che sono lì per cadere e provocare danni a mezzi e passanti. Il Comune le mette in classe D: hanno «gravissimi difetti morfologici e strutturali», «i rischi di caduta e schianti sono elevatissimi » ed è «poco praticabile » ogni tentativo di salvarle. Dunque, giù: circa 4mila fusti l'anno. «Reintegriamo tutte le piante», assicurano dall'assessorato all'Arredo urbano. Replicano i Verdi: «Si tuteli l'aspetto architettonico- monumentale dei viali». Palazzo Marino si scusa «per il disturbo arrecato» e incolla il volantino sull'albero sacrificale, come in via Solari. Si legge: la stabilità dell'acero è stata controllata scientificamente (sistema Vta), alla fine è risultato pericoloso e sarà abbattuto, ma uno nuovo lo sostituirà.
Il parco alberi cittadino conta su 180mila piante e il Vta viene eseguito una volta l'anno su quelle di classe D, malate o arrivate alla fine del ciclo vitale, danneggiate dal maltempo e dallo smog, ferite dalle auto in sosta (dal 2000 a oggi ne sono state controllate 35mila). Gli abbattimenti si eseguono in luglio e in autunno. «Ma i nuovi esemplari — protestano i comitati di cittadini — sono giovani. Piccoli. Hanno fusti del diametro di venti centimetri». I platani hanno il cancro rosso: è un fungo che scava il tronco, in profondità, e non intacca la corteccia. Valga da esempio, per dire: ci sono piante, in città, che possono sembrare sane ma dentro lottano con un tumore. Sono marce. E non solo a causa dei parassiti: «Gli alberi di Milano sono stressati, soffrono l'inquinamento, gli sbalzi di temperatura ei cantieri stradali», spiegano i fitopatologi della Statale. Non a caso vivono meno degli esemplari nell'hinterland. Nel verde. In via Tonale il Comune è intervenuto su un intero filare: trentatré alberi.
La «strage di platani» in zona Accursio è stata fermata dalle segnalazioni d'un comitato locale: Mm stava spianando la nuova cittadella degli orafi e i residenti hanno ottenuto il trasferimento dei vecchi platani a Bonola. «I controlli sulla salute delle piante sono efficaci», osserva Enrico Fedrighini, consigliere dei Verdi: «Ma vanno evitate operazioni massicce, demolizioni naturali». Motivo? «Snaturano l'aspetto urbanistico, è come tirare giù un edificio storico». Il Parco delle Cave è fresco di gemellaggio con il Central Park e il manager del verde, Silvio Anderloni, è appena rientrato da New York: «Le alberate stradali sono peggio delle nostre, lì non c'è una gestione omogenea, che coniughi benessere delle piante e sicurezza».
Armando Stella
Il Giornale - 4 novembre 2008
Maltempo, a Roma 13enne ucciso da un albero
Roma - Un ragazzino di 13 anni è morto dopo essere stato colpito da un albero caduto a causa del maltempo. Il fatto è avvenuto nella zona periferica al Tuscolano. Il ragazzino è arrivato all’ospedale Vannini in codice rosso dove poi è deceduto. Nicolò B., secondo quanto si è appreso, stava giocando con gli amici nel giardino in via Lucio Mario Perpetuo, al Tuscolano. Sorpreso dal temporale stava cercando di tornare a casa. Ma la pianta è stata colpita da un fulmine ed è crollata, abbattendosi sul ragazzo. Sul posto sono intervenuti anche i carabinieri della compagnia Casilina. Il bambino, secondo primi accertamenti, sarebbe morto per la frattura dell’osso del collo e un arresto cardiaco.Le sue condizioni erano apparse subito molto gravi ed è stato trasportato con l’ambulanza all’ospedale Vannini. Poco dopo, però, a causa delle lesioni, il tredicenne è morto.
Inchiesta della procura La procura di Roma ha disposto accertamenti per stabilire con certezza le cause che hanno determinato lo sradicamento dell’albero che ha travolto il ragazzo di 13 anni, morto poco dopo in ospedale. A collaborare all’indagine sarà anche un collegio di agronomi che dovranno chiarire i motivi che hanno causato la caduta del pioppo di 12 metri, sdradicato dalle radici. Per questo motivo domani è previsto un sopralluogo nella zona colpita dalla tromba d’aria e dal nubifragio. Gli esperti dovranno stabilire, in sostanza, se l’albero fosse malato e pericolante o se la violenza della tromba d’aria possa essere stata la causa della caduta. I carabinieri dovranno invece ascoltare alcuni testimoni, compresi gli amici del ragazzo morto.
Paura in città Sono centinaia le chiamate giunte ai centralini dei vigili urbani, dei sanitari del 118 e dei vigili del fuoco di Roma a causa del violento nubifragio che si è abbattuto sulla città. Personale potenziato in entrambe le sale operative per poter rispondere a tutte le richieste di intervento da parte dei cittadini. In modo particolare le operazioni riguardano gli alberi caduti sulle auto in transito o in sosta. Tra questi un grosso albero si è abbattuto su alcune auto parcheggiate vicino al Ponte Duca D’Aosta dove stanno intervenendo i pompieri con l’autogru. In una delle macchine c’era una donna incinta che ha rifiutato il ricovero. Altri vigili del fuoco al lavoro in via Sorano angolo via Venosa, a Quarto Miglio, per un albero caduto su una macchina. Una persona è rimasta incastrata nella vettura. Stesso intervento sulla carreggiata esterna del Grande Raccordo Anulare all’uscita tra l’Ardeatina e la Laurentina dove un uomo ha riportato la frattura di un braccio per un albero caduto sulla sua macchina. Vigili urbani al lavoro per regolare il traffico in via Aurelia Antica 59 dove un albero ha ostruito la carreggiata, così come in via Pietro Gasparri a Torrevecchia, in via Avezzano, al Casilino, in viale Aventino, davanti al palazzo della Fao e davanti alla postazione del 118 in via Santa Maria della Pietà dove le ambulanze sono rimaste bloccate per 30 minuti circa. Agenti della polizia municipale al lavoro anche per un allagamento in via Portuense angolo via Pacinotti.
Altri alberi caduti Dalle 16,30 circa, a causa del nubifragio che si è abbattuto sulla Capitale, due alberi caduti rispettivamente su un tratto della linea ferroviaria Roma Pantano e sulla Roma Lido tra Acilia e Ostia Antica, stanno creando problemi al normale funzionamento dei due tracciati ferroviari. I treni della Roma Pantano stanno effettuando servizio solo tra le stazioni di Centocelle e quella di Laziali mentre sulla Roma Lido, i treni viaggiano alternati su binario unico.